a cura di Emma Tallon, 1 AC – Liceo Classico indirizzo Artistico
Piazza san Marco e Alessandria d’Egitto sono così distanti quanto i chilometri che le separano?
Ebbene no, non sono poi così distanti quanto la nostra convinzione pregiudizievole e il territorio le dividono.
In questo articolo vi inviterò a fare una riflessione nello spazio e nel tempo confrontando un modello di cultura orientale e occidentale interpretate attraverso “La predica di san Marco ad Alessandria d’Egitto”, una maestosa opera artistica, olio su tela, realizzata dai fratelli Gentile e Giovanni Bellini, databile tra il 1504 e 1507 conservata oggi presso la Pinacoteca di Brera a Milano.
L’imponente telero 1 ornava il salone della Scuola Grande di San Marco a Venezia, una delle più prestigiose e potenti confraternite della città lagunare.
Quando la Scuola Grande di San Marco fu chiusa, in seguito alle soppressioni napoleoniche, avvenute durante la Rivoluzione francese, quando vennero cancellati tutti gli ordini religiosi e confraternite, l’opera arrivò a Brera nel 1809.
Il ciclo dei teleri con le storie della vita di san Marco venne completato molto più tardi, quasi sessant’anni dopo, da Giorgione e Tintoretto, ed è oggi diviso tra la Pinacoteca di Brera a Milano e le Gallerie dell’Accademia a Venezia.
L’opera rappresenta uno dei teleri più grandi che esistano, nonché uno dei più ricchi di spunti narrativi e iconografici.
Chi sono i fratelli Bellini ai quali fu commissionata l’opera?
Gentile Bellini, fratello maggiore di Giovanni nonché figlio di Jacopo, fu un pittore significativo, affascinato dalle sperimentazioni prospettiche, dalle scene affollate, dalla ricchezza di particolari, tanto che molti videro in lui una sorta di “anticipatore” del vedutismo veneziano.
La tela venne commissionata a Gentile Bellini nel luglio del 1504, ma, dopo la sua morte (febbraio 1507), essa venne completata dal fratello Giovanni, che operò anche alcune modifiche.
La scena è ricca di elementi esotici, che Gentile ebbe modo di studiare di persona durante il suo viaggio a Costantinopoli presso Maometto II del 1479-1480.
Non è chiarito con certezza quali parti spettino a l’uno o l’altro fratello; l’opinione più diffusa attribuisce a Gentile la definizione delle linee principali della scenografia, nella quale gli elementi dell’architettura veneziana si sovrappongono a soluzioni di evidente matrice mediterranea e orientale.
Si devono probabilmente a Giovanni, invece, gli autoritratti dei confratelli nel gruppo a sinistra.
L’analisi dell’opera nel dettaglio
Ricorderete che il santo patrono di Venezia, San Marco, secondo la tradizione, aveva evangelizzato l’Egitto ed aveva fondato la chiesa di Alessandria, città nella quale poi sarebbe morto intorno alla seconda metà del I secolo d.C.
Osservando l’opera, vediamo San Marco, in piedi su un palco a sinistra, impegnato in una predica presso la piazza di Alessandria d’Egitto, alla presenza di numerosi personaggi, tra i quali spiccano alcuni ottomani con turbante, una serie di donne turche coperte da un lungo velo bianco, animali esotici (cammelli, dromedari, giraffe) e dignitari veneziani. Non mancano nemmeno ritratti simbolici, come quello di Dante Alighieri, sulla destra, riconoscibile per la corona di alloro: questa presenza insolita è dovuta al fatto che, nel periodo in cui venne realizzata l’opera, i veneziani avevano conquistato Ravenna, la città in cui l’autore della “Divina Commedia” era stato sepolto.
Ciò che colpisce poi è la strana compresenza di elementi e stili diversi nell’ambientazione di questa scena.Siamo in Egitto o siamo altrove?
La basilica nello sfondo ricorda vagamente quella di San Marco a Venezia, anche se sono presenti elementi anche di Santa Sofia a Costantinopoli.
Poi, un campanile convive con un minareto ed un obelisco, mentre dalle finestre dei palazzi si affacciano molti uomini ad osservare la scena, appoggiati a preziosi tappeti orientali, che dai balconi decorano le pareti di alcuni edifici.
Da Alessandria d’Egitto a Venezia, da Costantinopoli a Milano: in questo telero si annodano diverse storie, che ci parlano ancora oggi e che ci fanno viaggiare!
Quest’opera, “La predica di San Marco ad Alessandria d’Egitto”, incarna il rapporto tra culture lontane fra loro; osservando il dipinto, anche noi diventiamo protagonisti di una realtà alle soglie della fantasia e dell’immaginazione.
Se non avete ancora avuto la fortuna di visitare la Pinacoteca di Brera, fatelo al più presto è una struttura maestosa e ricca di storia, che tra i suoi corridoi custodisce alcuni dei capolavori più famosi d’Italia!
- I teleri erano dei telai di legno su cui veniva montata una tela di lino o di canapa, anche molto grande; erano una delle tecniche preferite dai pittori veneziani, a partire dalla fine del Quattrocento: in effetti, l’umidità della città lagunare poteva causare molti danni agli affreschi, quindi dipingere su tela garantiva una conservazione migliore delle opere.
che bello, complimenti Emma!