a cura di Anna Gomirato (International, IGCSE2)
Recentemente, gli impiegati nelle maggiori corporazioni americane hanno inventato un nuovo termine, “clopening”, per indicare quando un dipendente lavora fino a tardi la notte per chiudere il locale e poi ritorna poche ore dopo per aprire (la parola è l’unione di closing, chiudere, e opening, aprire). Questo processo può apparire logico a una compagnia, ma comporta lavoratori privi di sonno e routine squilibrate. Sta diventando sempre più popolare e viene applicato soprattutto a lavoratori con una scarsa busta paga da imprese come McDonald’s, Starbucks e Walmart. Spesso, questi cambiamenti vengono annunciati con solo un giorno o due in anticipo.
Questo fenomeno è strettamente correlato con l’evoluzione tecnologica: ora i business possono analizzare il traffico di clienti per calcolare esattamente quanti impiegati serviranno loro ogni ora. Ovviamente, il loro obiettivo è spendere quanti meno soldi possibile, il che vuol dire impiegare il numero minimo di persone insieme all’essere sicuri di avere dei rinforzi durante i momenti più trafficati. Purtroppo, le routine non si stabilizzano dopo un po’ di tempo in quanto i dati presi in considerazione, come il tempo atmosferico e i movimenti pedonali, cambiano continuamente. Per esempio, il giorno di una partita di calcio le strade saranno più affollate, ma solo prima e dopo del gioco, non durante. Le condizioni cambiano ora per ora, e la forza lavoro deve essere impiegata in linea con l’oscillante domanda, altrimenti la compagnia sta sprecando soldi.
Naturalmente, i soldi risparmiati vengono direttamente dalle tasche dei dipendenti.
Nel 2014, il New York Times raccontò la storia di una madre single, Jannette Navarro, che stava provando a permettersi di andare al college lavorando da Starbucks mentre si prendeva cura di suo figlio di quattro anni: gli incessanti cambiamenti negli orari lavorativi, insieme a occasionali clopening, resero la sua vita impossibile, al punto che dovette smettere di frequentare la scuola. La sua storia non è un’eccezione. Secondo le statistiche del governo americano, due terzi dei lavoratori nella ristorazione e dei lavoratori al dettaglio scoprono delle modifiche nei loro orari con una settimana o meno di anticipo, cosa che rende complicato arrangiarsi con la gestione dei bambini.
Entro alcune settimane dalla pubblicazione dell’articolo del New York Times, le maggiori corporazioni chiamate in causa dichiararono che avrebbero sistemato le loro pratiche. Imbarazzati dalla storia, promisero di eliminare i clopening e imparare a vivere con un’ottimizzazione leggermente meno robusta. Starbucks, il cui brand fa perno più di altri su un trattamento giusto dei lavoratori, comunicò che tutti gli orari sarebbero stati postati con almeno una settimana di anticipo. Tuttavia, un anno dopo Starbucks non aveva ancora raggiunto questi obiettivi.
Il problema è che mantenere lo staff al minimo è ben radicato nella loro cultura. In molte ditte, la paga di un manager è collegata all’efficienza del suo staff, misurata in profitto per ora di lavoro di un impiegato. Anche quando i loro capi dicono ai manager di non esagerare, essi tendono a resistere; inoltre, se eccedono nel loro budget, il responsabile della loro area viene allertato, cosa che può portare a un richiamo. Quindi, per loro è più semplice cambiare gli orari di qualcuno, nonostante voglia dire violare l’impegno della compagnia di avvisare una settimana in anticipo.
I dipendenti hanno un bisogno talmente disperato di soldi che lasciano che le compagnie pieghino la loro vita a questi dettami. Ciò nonostante, le compagnie devono stare attente a non rendere le vite dei subordinati troppo miserabili. Sono ben coscienti di quanto costi sostituire un dipendente esausto che finalmente si licenzia. Infatti, hanno altri modelli per ridurre il tasso di abbandono, che drena i profitti e l’efficienza.
Il problema, dal punto di vista dei lavoratori, è l’alta offerta di lavori con salari minimi: la gente è affamata di lavoro, per questo in molti si aggrappano a lavori che pagano appena otto dollari all’ora. Questa sovra-offerta, insieme alla carenza di sindacati efficienti, non lascia agli impiegati praticamente nessun potere contrattuale. Ciò vuol dire che le corporazioni possono scombussolare la vita dei loro dipendenti con ancora più assurde routine senza essere colpite da un numero eccessivo di licenziamenti. Incrementano i loro profitti mentre la vita per i loro impiegati diventa sempre più insostenibile. Dato che questo processo di ottimizzazione viene adottato da chiunque, i lavoratori sanno che cambiare occupazione probabilmente non migliorerà la loro vita. Queste dinamiche garantiscono alle compagnie qualcosa di vicino a una “forza lavoro prigioniera”.
Il tutto crea un circolo vizioso che non fa altro che peggiorare la situazione degli svantaggiati. Considerando il caso di Janette Navarro, il fatto di non poter più frequentare il college ha rovinato le sue prospettive di lavoro future, bloccandola nell’enorme pozza di lavoratori con paghe minime. Le ore lavorative lunghe e irregolari rendono complicato organizzarsi o protestare per condizioni migliori. Invece, devono affrontare depressione, ansia e privazione del sonno, il che causa drammatici cambiamenti d’umore ed è responsabile per il 13% di morti in autostrada. Inoltre, con le loro routine caotiche, la maggioranza trova impossibile riuscire ad avere un secondo lavoro.
Non è tutto: nonostante le grandi catene fast-food vogliano promuovere soprattutto la loro immagine di sostenitrici dei giovani nella strada del lavoro, la realtà è che il 70% degli impiegati è sopra i 25 anni e un bambino su 10 in America ha i genitori che lavorano in quel settore. Quindi i problemi causati da queste pazze routine si protraggono per più generazioni.
Una larga percentuale di bambini è condannata a crescere senza routine, cosa che li influenza profondamente. Secondo uno studio dell’Economic Policy Institute “bambini e adolescenti con genitori che lavorano con orari imprevedibili sono più soggetti a problemi in cognizione e comportamento.”
Un aspetto essenziale per un bambino durante l’infanzia è venire protetto e accudito. I genitori i cui orari lavorativi sono soggetti a continui cambiamenti, tendono a chiedere ai fratelli maggiori, che possono avere anche solo 10 anni, di controllare i più piccoli. Inoltre i genitori hanno molto meno tempo per fare delle attività con i loro figli e spesso scaricano su di loro le proprie frustrazioni. I bambini possono dimostrare due diverse risposte comportamentali: un caso possono essere sentimenti di alienazione e depressione, ansia, senso di colpa, bassa autostima; l’altra opzione sono reazioni violente e aggressive (tendenza a litigare, distruggere oggetti, disobbedire, minacciare).
Secondo uno studio dell’Economic Policy Institute “bambini e adolescenti con genitori che lavorano con orari imprevedibili sono più soggetti a problemi in cognizione e comportamento.”
Il vero problema è che l’obiettivo delle corporazioni sono l’efficienza e i profitti, non la giustizia o il bene della squadra. Questa è la natura del capitalismo: dal loro punto di vista sarebbe addirittura stupido cedere un potenziale guadagno.
Ecco perché c’è bisogno di pressione vigorosa dalla stampa, la quale deve rendere noto a tutti ciò che le compagnie stanno facendo. Però, non può accadere solo una volta, infatti si è visto come Starbucks alla fine non abbia fatto nulla: è quindi necessario esporre le compagnie incessantemente. Ovviamente, c’è anche bisogno di regolazioni per tenerle sotto controllo, e questo si può ottenere solo grazie alla presenza di sindacati forti e uniti.
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