a cura di Ginevra Enrica Giabardo (4AM Linguistico Moderno) e Nicolas Modena (4BA Scientifico Scienze applicate)
5 Gennaio 1886. “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”.
Romanzo gotico ad opera di Stevenson, fu il capolavoro che, per la prima volta, condusse l’uomo ad un’introspezione inconscia e spontanea. L’impatto di questa storia, pubblicata verso gli ultimi decenni dell’Ottocento, fu dirompente, tanto da divenire nel corso del tempo un’espressione comune. Essere Jekyll ed essere Hyde, avere una doppia personalità, i cui caratteri sembrano essere di natura completamente differente, una buona e l’altra malvagia.
La distinzione del Bene dal Male, l’imprevedibilità delle pulsioni irrazionali a confronto con l’Io cosciente.
Il racconto è ambientato nella Londra vittoriana del XIX secolo, e comincia con l’immagine dell’avvocato Utterson, il narratore, e suo cugino Enfield in una silenziosa passeggiata. Quest’ultimo racconta, a posteriori, l’evento del quale egli fu spettatore mentre passava per un vicolo buio e stretto. Ricorda di essere già passato lungo quella strada, e di essersi scontrato improvvisamente con un signore che procedeva di fretta. Allo stesso tempo, una bimba a poca distanza da loro inciampò e cadde, ma il signore le passò sopra, continuando tranquillamente il suo cammino. Enfield rincorse quello strano individuo e, quando riuscì a fermarlo, fu colto da un’orribile ed opprimente sensazione, non riuscendo neanche a ricordarne i ripugnanti e terribili lineamenti persino a lunga distanza di tempo.
Si verificano numerosi avvenimenti tetri ed inquietanti, molteplici episodi di violenza ed alcuni omicidi, tutti strettamente in coincidenza con gli avvistamenti di Mr. Hyde. Molto singolare appare il comportamento di Henry Jekyll, illustre dottore e compagno di studi dell’avvocato, uomo schivo e poco socievole, in relazione ai fatti accaduti.
Insolite connessioni fra il dottore ed Edward Hyde cominciano a non passare inosservate, ed il sospetto muove Utterson alla ricerca della verità, all’indagine di qualcosa oltre l’umano razionale.
«Sia sul piano scientifico che su quello morale, venni dunque gradualmente avvicinandomi a quella verità, la cui parziale scoperta m’ha poi condotto a un così tremendo naufragio: l’uomo non è veracemente uno, ma veracemente due»
L’uomo è due. La dimensione corporea è solo un guscio, contiene l’essenza dell’essere in sé, i suoi infiniti aspetti, e le due principali forze di cui è animato, che governano l’universo stesso, in costante conflitto, e non sempre equilibrate.
Se l’umano tendesse solo verso il buono, non potrebbe conoscere il concetto stesso di “buono” perché mancante di un confronto altrettanto evidente. Il lato oscuro, le inclinazioni nascoste che l’uomo tende a reprimere, sono onnipresenti, anzi spesso prevalgono, hanno durata e potere infinitamente più grandi, e, come un ottimo oratore, una sinistra capacità di persuasione.
L’interesse verso l’oscuro, il male, l’ignoto, ha sempre attratto la coscienza o l’incoscienza umane.
Stevenson viaggia oltre la semplice scissione della natura umana, non trova soluzione nel casuale alternarsi di luce, intesa come bontà e stabilità, ed ombra, identificata nel pericolo e nella completa incertezza.
L’universo di cui l’uomo è costituito non ha moti di rotazione, e le sue tendenze non sono paragonabili ai moti lunari, relativamente periodici e definiti.
L’alter-ego di Jekyll ha memoria di essere Jekyll, e viceversa. A discapito dei disguidi scientifici che hanno portato al sopravvento dell’uno rispetto all’altro, l’allegoria sottesa al libro è ben chiara:
il Male è insito nel Bene, ed il Bene è insito nel Male: non esistono misure assolute.
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