a cura di Giorgio Zanin, 5AC (Liceo Classico)
A Palazzo Reale a Milano sono state esposte ben 53 opere di Claude Monet, pittore che ha come principio fondante quello della luce, insieme alle conseguenze che questa apporta sul paesaggio ritratto e sui suoi colori.
Monet è ritenuto essere l’inventore di una nuova tecnica, che a seguire farà nascere un intero movimento artistico in Francia, noto come Impressionismo. Il nome porta con sé per intero il significato che l’autore stesso voleva trasmettere con le sue opere, che presentavano lo stesso panorama o soggetto numerose volte, con modifiche alle sfumature ed alle tonalità degli stessi colori, proprio per l’impressione che suscitavano nell’artista.
Le Quinte del Liceo Classico e del Liceo Linguistico, accompagnate dalle professoresse Giulia Zandonadi, Giulia de Lilla e Carla Bidoli, hanno avuto la possibilità di visitare questa mostra, realizzata con opere dal Museo Marmottan di Parigi e di essere accolti dal Direttore di Palazzo Reale, il Dott. Domenico Piraina.
L’esposizione ha permesso una grande interazione del pubblico, anche attraverso sale con proiezioni video immersive.
Eccone un esempio:
Come la guida ha tenuto a sottolineare, tutto in Monet si basa su ciò che egli percepiva quando osservava il soggetto da ritrarre. In alcune opere esposte, come “Sulla spiaggia di Trouville”, notiamo dei puntini neri che generano nello spettatore la visione di due bagnanti, o nel “Treno avvolto da nebbia”, una pennellata orizzontale con del vapore sopra fa pensare immediatamente ad un treno, nonostante si tratti di un tratto rapido di pittura.
Inoltre erano presenti anche diverse versioni delle famose Ninfee di Monet, raffigurate da diverse prospettive, e con forme completamente non concordanti da un quadro all’altro, anche a causa delle difficoltà alla vista legate alla cataratta ed aumentate negli anni.
Monet è arrivato ad una scomposizione vicina all’astrazione, tanto da essere addirittura paragonato a Jackson Pollock, come anticipatore delle tendenze artistiche del Novecento.
Per finire, volevo riportare la domanda che al termine della visita ho posto alla guida: “Secondo lei Monet ritraeva con tanta perseveranza e ripetitività gli stessi soggetti poiché era in cerca della riproduzione perfetta?”
Egli mi ha risposto che per il pittore francese ogni opera firmata rappresentava un avvicinamento alla versione perfetta; tuttavia l’obiettivo di Monet era solo quello di dipingere la natura in tutte le sue sfumature possibili, a prescindere dalla perfezione.
Questo mi ha fatto capire come ciò che all’apparenza potrebbe risultare noioso e banale in realtà per l’autore rappresentasse un costante cambiamento, poiché la materia muta senza sosta e quindi ogni riproduzione è unica nel suo genere e quindi perfetta, inimitabile.
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