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Ex alunni – Intervista a Emanuel Mestriner

di Valentina Martini, 3AM

D: Ciao, innanzitutto grazie per aver accettato di prendere parte a quest’intervista.
In qualità di ex alunno del Pio X,
cosa ti ricordi della tua vita tra i banchi? Hai qualche ricordo particolare da raccontare?

R: Dai tempi del liceo, ahimè, sono passati più di trent’anni ma i ricordi son lontani dall’essere sbiaditi. Non avevo ancora messo a fuoco quello che avrei voluto fare da grande o quello che avrei desiderato poter diventare, e questa mia incertezza era come un pezzo di cartone piegato da mettere sotto la gamba del banco per non farlo muovere, solo che, piegato una volta in più, lo faceva oscillare dalla parte opposta.Non sono stato un bravo studente, sono stato un compagno leale per tutti, un amico vero per alcuni.

Le volte in cui mi è capitato di copiare, le risposte erano sbagliate…Ma anche quando non copiavo erano sbagliate lo stesso.

Ricordo l’odore del tabacco da pipa del professore d’Inglese lungo il corridoio: era come zucchero filato per un malato di diabete, lo adoravo, ma solo sentire quel profumo mi mandava il cuore fuori giri. Ricordo che il mio professore di Italiano, dopo aver smesso per un breve periodo, aveva ricominciato a fumare durante l’interrogazione poco gratificante di un mio compagno su alcuni versi dell’Eneide. A volte il liceo è venuto a trovarmi, come quando, qualche anno dopo il diploma, il mio professore di Fisica ha scelto il mio ristorante per il suo pranzo di matrimonio.

D: Parlando della tua professione, sappiamo che il tuo ristorante di pesce “Dei Contorni” di Monastier, come molti altri in questo particolare periodo, sta vivendo una situazione insolita e talvolta difficile. Cosa ne pensi in generale della situazione che stiamo vivendo e che voi ristoratori sentite in modo particolare?

R: Visti i miei scarsamente proficui risultati a scuola, non credo di poter formulare un’ipotesi con base scientifica, ma ritengo di poter affermare che se i ristoranti fossero rimasti aperti non avremmo assistito all’estinzione della specie umana.

Sono stato favorevole alle chiusure dell’anno scorso: fermarci perché potesse fermarsi anche quel mesto corteo di mezzi militari carichi di bare diretti ai forni crematori, perché non fossimo costretti a riempirne le chiese o i grandi monumenti o le spiagge. Ed ero favorevole che rimanessero aperte le attività o le filiere relative ai beni di prima necessità. Non sono mai stato favorevole alla chiusura di hotel e ristoranti e alla contemporanea apertura di fabbriche e aziende con centinaia di dipendenti impegnati nella produzione di beni superflui.

D: Cosa ne pensi riguardo alle numerose chiusure senza molto preavviso e all’interesse dei governatori rispetto a chi, per un lungo tempo, non può lavorare?

R: L’attività del ristorante di cui sono socio è principalmente legata agli eventi, ai pranzi di matrimonio e analoga tipologia di banchetti. Per organizzare una festa ci vuole tempo, servono incontri presso il ristorante per la prova e la scelta del menù e degli allestimenti, per la definizione di una eventuale cerimonia di nozze presso la medesima struttura. Bisogna eseguire i lavori di manutenzione nel giardino dove si svolgono i buffet, riservare con largo anticipo le prestazioni di collaboratori esterni quali musicista o fotografo o babysitter e, nel nostro caso, gondoliere(sì, abbiamo un lago e una gondola!).

Questo è un settore della ristorazione che ha le sue peculiarità ed esigenze, è diverso da altri ambiti della medesima categoria, pertanto dovrebbero essere gli organi che rappresentano il settore alberghiero e della ristorazione a far presenti tali istanze ai governatori ignari delle sfumature di ciascuna attività lavorativa.

D: È facile o meno per voi riuscire a sistemare le sale e regolamentare tutto per mantenere le misure di sicurezza?

R: Abbiamo ottemperato alle misure previste nel protocollo che regola il distanziamento tra le persone sedute a tavola, considerando mille elementi:

  • lo spazio tra un tavolo e l’altro;
  • la sanificazione prima e al termine del pranzo o della cena con macchina a vapore a 200 gradi su sedie e pavimenti;
  • l’ubicazione di postazioni con detergenti all’ingresso in sala e all’entrata delle toilette;
  • il riepilogo delle norme da seguire esposto ad ogni ingresso;
  • schermo in plexiglass di fronte la cassa;
  • segnalazioni sul pavimento per regolamentare l’entrata e l’uscita dei clienti;
  • misurazione della temperatura già dal parcheggio in caso di pranzi numerosi, o all’interno del ristorante.

L’ampiezza delle nostre sale ha sopperito alla conseguente riduzione di capienza e il problema nella preparazione delle tavole per i commensali l’abbiamo avuto in occasione di alcuni pranzi di matrimonio con circa 200 invitati.

Nei buffet in giardino, abbiamo dovuto creare più postazioni al fine di evitare assembramenti e impiattare direttamente noi operatori dai vassoi contenenti le pietanze, anziché permettere il consueto libero approvvigionamento.

Durante la primavera e l’estate all’esterno non era obbligatorio l’uso della mascherina, c’erano meno vincoli, ma proprio per questo era più difficile far rispettare la distanza, particolarmente durante i banchetti di matrimonio dove la conviviale socializzazione e lo spirito festivo inibiscono anche le più caute raccomandazioni e allentano le naturali difese.

I momenti da noi più temuti erano quando il musicista metteva un pezzo a cui la voglia di libertà non sapeva resistere, e quando i parenti si accomiatavano dagli sposi con un bacio o un abbraccio. Ad ogni modo erano sufficienti un paio di calici di Prosecco per dimezzare il metro di distanza e scordarsi la mascherina.

D: Come fate con le riserve di pesce quando, come nel periodo natalizio, ricevete all’ultimo l’ordine di chiudere?

R: Per le Festività Natalizie speravamo di poter riaprire e soddisfare le numerose richieste,ma avevamo messo in conto la possibilità di rimanere chiusi.

Avendo poi quasi tutti i pranzi più numerosi il fine settimana e utilizzando quasi esclusivamente pesce fresco, non abbiamo mai avuto riserve invendute quanto, semmai, il necessario per soddisfare le bocche di quattro famiglie, le nostre.

Nel corso della prima serrata generale, abbiamo dovuto utilizzare un abbattitore di temperatura per preservare la qualità e freschezza di alcuni prodotti che poi, conservati alla temperatura idonea, sono stati consumati nel non breve periodo di chiusura. Non nascondo un certo imbarazzo nel constatare che contemporaneamente al naturale svuotamento delle celle frigorifere contenenti prodotti ittici e salumi, si sia verificato un drastico ridimensionamento della nostra cantina.

D: Vi siete in qualche modo organizzati per continuare a lavorare anche quando i ristoranti devono chiudere, per esempio con l’asporto?

R: A Natale e a Capodanno abbiamo deciso di accontentare clienti che da alcuni lustri non riescono a festeggiare il Natale senza la nostra cucina, adoperandoci per la consegna fuori Comune con il furgone della nostra azienda. Alcune famiglie di Monastier hanno scelto il menù da asporto, dandoci l’occasione di contraccambiare il loro gesto di solidarietà con un menù ricco, modico nel prezzo e soprattutto pronto.

D: Nutri qualche speranza per un futuro prossimo o senti che ci sarà ancora molta strada da fare prima di tornare alla normalità?

R: Per rispondere al tuo ultimo quesito dovrei forse pensare alla saggezza del popolo veneto, che è sempre stata legata alla perseveranza, al lavoro a testa bassa, e alla grandiosità che a volte ispira il silenzio.

In un momento come questo, sento però il bisogno e il desiderio di abbracciare le radici su cui si tiene questo fragile quanto bel Paese, e così voglio concludere con una sintesi tutta napoletana: ”Ha da passà ‘a nuttata”.

Annotazione in calce

La chiusura della mia attività per così tanti giorni mi ha concesso l’occasione di dare un’occhiata al passato ormai cancellato dalla memoria dal susseguirsi smodato degli impegni di lavoro: non mi sono sottratto ad un giudizio imparziale che il tempo teneva in serbo per me, mi sono accorto di quanto i miei figli siano cresciuti, e di quante volte io li abbia smarriti durante il percorso della loro vita. Ci siamo ritrovati. Ma il lavoro, quel lavoro che mi ha tolto così tanto in questi anni, è ciò che ci garantisce una dignità, una quotidiana identità e forse l’idoneità a noi stessi.

Grazie mille e in bocca al lupo per tutto!

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