Le proteste dei giocatori della NBA a seguito dell’ennesima violenza contro gli afroamericani, da parte della Polizia di Stato.
Fonte: “La Repubblica”
Agosto 2020: la National Basketball Association (NBA), lega americana di pallacanestro più seguita al mondo, ha detto STOP, dopo l’ennesimo atto di violenza perpetrato ai danni di cittadini statunitensi afroamericani da parte della Polizia di Stato. Lo spiacevole accaduto riguarda la sparatoria ai danni di Jacob Blake, cittadino afroamericano disarmato, che stava tentando di fermare una rissa tra due donne. I giocatori dei Milwaukee Bucks, franchigia di NBA situata in Wisconsin, luogo dell’accaduto, hanno dato il via ad uno sciopero che è stato seguito da molte squadre della lega in segno di protesta e insoddisfazione nei confronti dell’ineguaglianza tra bianchi e neri negli Stati Uniti.
Un gesto forte, quello dei cestisti, di fermarsi, per affrontare una partita molto più difficile di quelle solitamente giocate sul parquet; una lotta contro dei valori sbagliati, radicati nella mentalità dei bianchi suprematisti, molto influenti nel Paese, e che stanno marcendo nella società attuale, stanca di queste continue violenze ingiustificabili nei confronti degli afroamericani. Alcuni dei giocatori più importanti e famosi a livello globale della NBA come LeBron James e Kawhi Leonard hanno mantenuto una linea dura e hanno chiesto lo stop definitivo delle competizioni di fronte a questa piaga della società; altri invece, hanno proposto una ripresa delle attività senza voler affrontare questo evidente problema.
Questo evento ha scaturito ancora più rabbia e frustrazione nei giocatori della Lega in quanto, dopo la morte di George Floyd, avvenuta poco prima del caso in questione, una iniziativa aveva preso piede nei campi da gioco. Si era deciso infatti di inginocchiarsi per un minuto prima del fischio d’inizio in segno di onore e di memoria per l’atroce morte del cittadino statunitense afroamericano e di far apparire striscioni e schermi con la famosa scritta “Black Lives Matter”. I giocatori, inoltre, avevano scelto di scrivere frasi inerenti al problema del razzismo al posto dei loro nomi nella parte posteriore delle loro famose canotte, come “equality”, “freedom”, “how many more”, “love us”, “justice now” e molte altre. Essendo oltre il 70% dei giocatori della NBA afroamericano, il fatto risulta essere ancora più rilevante.
Fonte: “TMJ4 Milwaukee”
Queste proteste sono state seguite da varie leghe sportive importanti negli Stati Uniti, come la MLB, lega americana di baseball, che ha deciso di fermare le attività. Nella NFL, lega di football americano, i Detroit Lions hanno interrotto il loro allenamento per protestare contro l’ennesima sparatoria. La MLS, lega americana di calcio, ha posticipato cinque partite e altre leghe minori.
Come scrive The Undefeated, giornale orbita di ESPN, una testata giornalistica tra le più importanti per lo sport in tutto il mondo, “i giocatori non possono combattere questa battaglia da soli. Se i giocatori vogliono trasformare la loro rabbia e la loro frustrazione in azioni concrete, avranno bisogno dei muscoli e delle voci dei multimiliardari che possiedono le squadre e che gestiscono il campionato insieme a loro”.
Carlo Attilio Gumirato, 1^IBDP, Pio X International
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